* in diretta sul nostro sito sabato 20 febbraio, ore 17.00 *


Inauguriamo la rassegna di Prendere la parola con Una fiamma del buio. Conversazioni di Ivan Illich e David Cayley (Eleuthera 2020); ne parleremo col curatore Giacomo Borella e Luigi Monti.

Nel 1989, David Cayley ha convinto Ivan Illich a concedergli un’intervista di otto giorni, che troviamo fedelmente riportata in Una fiamma nel buio: qui Illich, che da decenni rifiutava di farsi registrare («Chi vuole può leggermi, io non voglio raggiungere nessun altro») ripercorre le tappe più significative  del suo percorso biografico e intellettuale tra almeno quattro continenti, una decina di lingue e una costellazione di saperi, nella sua sferzante critica alle istituzioni, al progresso e ai persuasivi e pervasivi miti che alimentano.

Leggi l’introduzione di Una fiamma nel buio.

L’intervista originale (in inglese) è disponibile in podcast sul sito di David Cayley.

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Ivan Illich (Vienna, 1926 – Brema, 2002) si è definito in molti modi:

«Io sono un po’ luna e un po’ commesso viaggiatore, cerco chi ha perduto il suo orologio», ha detto citando la poesia 11 della raccolta di Vicente Huidobro Tout à coup (Parigi 1925)

♣ «Sono uno che sta a cavallo di una siepe, uno Zaunreiter, che è un vecchio termine per dire stregone. Con un piede sto sul mio terreno, quello della tradizione filosofica cattolica, su cui più di una ventina di generazioni hanno devotamente coltivato un giardino sui cui alberi hanno innestato con cura i germogli pagani, greci e romani. L’altro piede, che penzola all’esterno, è appesantito dal fango aggrumato e profuma delle erbe esotiche tra cui ho scarpinato»

«Talvolta ci chiedono cos’è che siamo [qui al CIDOC]. Io rispondo che siamo fantasmologi: studiamo i fantasmi della gente»

♥ «Penso che qui dobbiamo preoccuparci di essere degli umoristi. Ossia gente continuamente consapevole dei vincoli e dei limiti delle categorie con cui pensiamo, continuamente cosciente che sviluppando l’immaginazione e osservando i fiori si possa immaginare un analogo di ogni sistema sociale che leggermente stonato, e che perciò ti fa sorridere»

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Giacomo Borella, architetto, lavora all’interno dello studio Albori, che ha fondato con altri amici una trentina di anni fa, e si occupa di varie altre cose.

È autore del libro Per un’architettura terrestre (Lettera Ventidue 2016), ha tradotto dall’inglese e curato la raccolta di scritti di Colin Ward Architettura del dissenso (Eleuthera 2016) e le nuove edizioni di Il mutuo appoggio di Pëtr Kropotkin (Eleuthera 2020) e delle conversazioni con Ivan Illich raccolte da David Cayley, Una fiamma nel buio (Eleuthera 2020).

Ha collaborato con diverse riviste e testate tra cui il Corriere della Sera, Radio Popolare, Linea d’ombra, Lo straniero, Gli asini.

Luigi Monti, attraverso l’associazione Giunchiglia-11, insegna italiano nella scuola di italiano per stranieri “Frisoun” di Nonantola (Modena). È redattore della rivista Gli asini. Per le Edizioni dell’asino, ha curato di recente l’antologia di scritti pedagogici di Fernand Deligny I vagabondi efficaci.